Trovare il lavoro giusto per sé è un viaggio che richiede anni e diverse esperienze. Ne parliamo con Maura, donna in carriera e lettrice del blog che ci ha raccontato la sua storia professionale.
Quando Maura Bonelli mi ha scritto la prima volta, ho scoperto con piacere che lavorava per una start-up italiana che ho invitato a diversi eventi e incluso in molte campagne media quando ero in Google.
Su LinkedIn Maura affronta spesso e molto apertamente temi e difficoltà legati all’essere donne e mamme in carriera. Ho voluto per questo farle alcune domande sul tema (trovi il link alla fine di questo articolo), per offrire degli spunti utili alle tante altre donne che mi scrivono e spesso mi raccontano vere e proprie storie dell’orrore riguardo il binomio maternità e lavoro.
Prima però lascio la parola a Maura per raccontarti un po’ di più del suo percorso professionale.
Ciao Maura. Oggi lavori come Sales Manager per “eGym”, un’azienda in ambito fitness con circa 450 dipendenti in giro per l’Europa e una sede centrale a Monaco. Prima ancora hai lavorato come Account Manager per la start-up italiana “Le Cicogne”. Riguardandoli ora, quali sono stati i momenti di svolta della tua carriera?
Se mi guardo indietro, posso dire con assoluta certezza che il mio percorso è stato, volutamente, poco lineare ma molto esperienziale.
I primi anni dopo la laurea, in cui normalmente si viene gettati con poca grazia nel mondo del lavoro, sono stati per me anni di ricerca: volevo davvero capire cosa volessi fare più di ogni cosa nella vita.
Non sono una di quelle persone che a sei anni sanno già che diventeranno cardiochirurghi. Nel gergo attuale sono una “multipotenziale”: sono curiosa, ho mille interessi, e il pensiero di dover abbandonare qualcosa per una carriera ultra-specialistica mi terrorizzava.
Di certo, tutto non si può fare, soprattutto quando si hanno famiglia e figli, quindi l’impegno dei miei primi anni post-laurea è stato quasi completamente riversato nella costruzione di una carriera che mi desse questo tipo di appagamento “ad ampio raggio”, ed oggi credo di essere arrivata, più o meno, a quello che avevo in mente.
La prima svolta per trovare il lavoro giusto per me è stata nella decisione, dopo i primi anni post-laurea piuttosto insoddisfacenti, di diventare libera professionista.
Non nego che con una laurea in Ingegneria, gettarsi anima e cuore in un lavoro autonomo incentrato sulla Comunicazione sia stato un bell’azzardo. Per molto tempo ho guardato quei tre anni di libera professione come una sorta di “macchia” nel mio percorso, un grandioso colpo di testa.
Solo dopo ho capito quanto siano stati importanti per la mia formazione e quanto abbiano influito nella costruzione di un mindset incentrato sulla crescita, sull’autonomia, sulla capacità di non abbattersi di fronte agli ostacoli.
Ho avuto un’altra svolta importante nel 2016. Ero nel frattempo diventata mamma di una bimba che all’epoca aveva due anni, e venivo da un lungo periodo lavorativo piatto, privo di slanci, che di certo la maternità non aveva aiutato a migliorare. In quel periodo mi gettai nella ricerca non solo di un nuovo lavoro, ma di una rinascita professionale.
Lì incontrai Le Cicogne, la start-up italiana alla quale devo tantissimo per la mia crescita. È stata una straordinaria opportunità: tutt’oggi consiglio a chiunque un’esperienza in una start-up, per il semplice motivo che, a differenza delle grandi realtà consolidate, tutto è da costruire quasi da zero. Tutto può e deve essere messo in discussione, e si è -a prescindere dal ruolo che si ricopre- davvero protagonisti di questo processo nella sua totalità. Un anno in una start-up vale doppio, ve lo posso assicurare!
Se ritorni indietro alle varie tappe della tua carriera, in linea di massima diresti che si è trattato di opportunità che “ti sono capitate” o che hai cercato sempre attivamente?
Penso che all’inizio della carriera, quando non si hanno ancora le idee molto chiare, sia più che normale accogliere quello che viene. L’importante è come lo si accoglie e come lo si fa fruttare.
Per la mia esperienza, poco importa quale sia il primo passo, ciò che conta è il modo in cui si regge il timone da quel punto in poi.
Posso dire, comunque, che la reale consapevolezza di ciò che volessi, e quindi la sua ricerca attiva, siano arrivati dopo i miei primi anni di “ricerca”, quando ho iniziato a capire meglio come girasse il mercato del lavoro.
E come ti sei orientata in quella che all’inizio sembra una vera e propria selva oscura (la ricerca della propria dimensione professionale)? Che cosa ti ha guidata nelle tue scelte?
Mi aggancio alla risposta precedente: all’inizio sono stati tentativi. Ecco, con il senno di poi probabilmente la figura di un mentore mi sarebbe stata di grande aiuto per orientarmi nella “selva selvaggia”. È anche vero che il concetto di mentore non è all’oggi molto diffuso in Italia, figuriamoci quindici anni fa!
In un tuo post su LinkedIn hai sintetizzato così alcune tappe del tuo percorso..
- Una laurea in ingegneria che ti ha regalato una forma mentis estremamente analitica.
- 15 anni di esperienza come attrice di teatro che hanno affinato le tue capacità comunicative.
- Una passione per la scrittura che ti ha aperto diverse porte e continua a servirti nel tuo lavoro come commerciale.
- Alcuni anni in agenzia di comunicazione che ti ha regalato una base di grafica e ha allenato il tuo gusto estetico.
…Prima di imparare a connettere tutti questi puntini, ci sono stati dei momenti in cui queste contaminazioni e interessi apparentemente sconnessi ti hanno messa un po’ in crisi?
In crisi? Mi sentivo un completo fallimento! Siamo cresciuti, almeno nella mia generazione, con l’idea che la propria strada professionale sia una e una sola, sia delineata, circoscritta e tragicamente irreversibile. In fondo, la domanda che tutti riceviamo da bambini è: “Cosa vuoi fare da grande?”.
Non c’è spazio per qualcos’altro, per più passioni, e dopo la laurea non sono ben visti i ripensamenti. Per fortuna oggi le cose stanno cambiando velocemente, anche nelle aziende: ho avuto la fortuna di fare colloqui con referenti delle HR particolarmente illuminati, aperti alla multipotenzialità e che reputano un valore aggiunto l’impegno dell’individuo nella ricerca continua della propria dimensione lavorativa, anche se questo può significare cambiare percorso professionale o azienda con una certa frequenza.
Come hai capito che anche esperienze tra loro lontane potevano esserti utili nel tuo lavoro?
Nelle realtà in cui ho lavorato la capacità di saper fare più cose è sempre stata vista in modo molto positivo. Me ne sono resa conto strada facendo, grazie ai risultati che ottenevo e alla crescita rapida che ho avuto in tutti contesti in cui ho lavorato.
Da quel momento in poi ho messo da parte sensi di colpa e fallimento e ho deciso di fare di questo apparente difetto la mia virtù più grande.
Uno degli elementi di forza che evidenzi nella tua bio di LinkedIn è quello di saper convertire potenziali clienti in clienti effettivi, generando nuovi profitti per l’azienda per cui lavori. Quali sono a tuo avviso gli aspetti che contraddistinguono un buon venditore?
Avrei un milione di cose da dire e parecchi libri da consigliare in tal senso, ma proverò a sintetizzare al massimo pochi concetti che derivano per lo più dalla mia esperienza.
Esistono tanti diversi tipi di venditore e tanti approcci differenti.
Credo che, a prescindere dall’indole personale, un buon venditore debba essere un grande ascoltatore, un esperto nel capire rapidamente che tipo di persona ha davanti e debba saper mantenere e alimentare, ogni singolo giorno, un livello di entusiasmo e gioia altissimi. Sembrerà banale, ma la felicità è davvero contagiosa a attrae a sé anche i clienti. Non deve poi assolutamente mancare un’adeguata (e continua!) preparazione, sia sul prodotto/servizio/soluzione che si offre, sia sulle tecniche di vendita.
Quali sono le maggiori difficoltà e blocchi (anche psicologici) di chi si approccia per la prima volta alle vendite e come superarli?
L’incapacità di condurre una trattativa, di “dominare” e saper indirizzare una conversazione. Il senso di inadeguatezza e la timidezza possono senz’altro costituire un ostacolo, soprattutto all’inizio di una carriera. Quello della vendita è un mestiere che si impara principalmente sul campo: è l’unico modo per migliorarsi e assumere più sicurezza ogni giorno, ricordando sempre che l’errore e il fallimento sono solo lo scalino per andare ancora più in alto.
E poi, come accennavo nella risposta precedente, è assolutamente fondamentale continuare a formarsi e a confrontarsi con chi fa il nostro stesso lavoro. Per vincere timidezza e paura di parlare in pubblico penso che non ci sia nulla di più efficace di un bel corso di recitazione. Io ho fatto teatro per moltissimi anni e sarò sempre grata per questa esperienza così piena da più punti di vista!
A chi si approccia per la prima volta a questo ambito ed è alla ricerca del lavoro giusto per sé, consiglierei di non rinunciare alla scelta, per quanto possibile, di lavorare per un’azienda e un capo illuminati, dalle ampie visioni e che non risparmino sulla formazione delle proprie risorse.
Cosa significa per te essere una donna in carriera? Cosa vuoi dare e cosa ricevere dal tuo lavoro?
Il lavoro è parte di me, è componente fondamentale della mia vita e non saprei immaginare di dovervi rinunciare.
Probabilmente ho una visione piuttosto romantica sul mio impatto nella vita lavorativa e su quello che ne ricevo.
Mi piace lavorare per realtà che sanno sognare, che puntano a migliorare la vita delle persone e a lasciare una traccia indelebile di sé.
E mi piace pensare di poter ogni giorno contribuire alla costruzione di questo successo. Di portare quel valore aggiunto che conduce a un miglioramento, anche se piccolo.
Prima di valutare un’opportunità, ho sempre dato peso alla mission e alla vision dell’azienda. Credo sia determinante essere allineati su questi aspetti, in fondo parleranno anche un po’ di noi e di quello che diventeremo.
Oltre alla crescita professionale ed economica, che sono sempre importantissime, da un’azienda mi aspetto che mi consentano di essere me stessa. E questo in tutte le mie componenti, anche quelle legate all’essere donna e madre.
Parlando di maternità… Se vuoi leggere la seconda parte dell’intervista a Maura, in cui parliamo proprio di come concilia l’essere una madre e una professionista, clicca qui!
Puoi trovare Maura su Instagram a questo link.
A presto,
Arli.
Daria dice
Articolo illuminante. La storia di Maura mi ha fatto riflettere su più concetti, in particolare su uno: non è vero che dobbiamo inesorabilmente specializzarci in un campo e non avere passioni. Possiamo, invece, fare delle nostre tante passioni dei punti di partenza per immergerci nel mondo del lavoro. Non dobbiamo limitarci ad una sola cosa, in quanto tutto può tornarci utile. Questo è sicuramente un concetto che cercherò di tenere a mente. Grazie Arli di renderci partecipi della vita di queste straordinarie donne!
Arli dice
Ciao Daria,
è un piacere. Quello è un punto che è piaciuto anche a me, perché ci diamo troppo poco il permesso di sperimentare e osare nei nostri percorsi professionali (e di conseguenza anche personali).
A presto,
Arli.