Cambiare lavoro è una decisione che ha un forte impatto sul nostro percorso professionale ma anche sulla nostra vita. Prendi una decisione strategica con questa mappa.
Se ti sei persa la prima parte di questo articolo, ti consiglio di partire da qui. Abbiamo iniziato a creare insieme la mappa del tuo percorso professionale attraversando le prime 3 fasi: quella di crescita, quella di esplorazione e quella di establishment. Ponendoci di volta in volta domande importanti su ciascuna.
Se hai già letto il primo articolo, passiamo ora alle ultime due fasi.
4. Maintenance
Nel modello classico, questa fase di “mantenimento” va dai 45 ai 65 anni circa.
Come abbiamo visto, però, i range di età a questo punto sono un parametro da prendere con le pinze. Perché il mondo del lavoro è diventato incredibilmente fluido e in risposta lo diventiamo anche noi.
Quando arriviamo alla fase di mantenimento -a differenza di quanto suggerisce la parola- ci sono due possibili sentieri davanti a noi.
4.1 Crisi di metà carriera e rivalutazione
Attenzione: se sei ancora ad un livello iniziale del tuo esperimento, del lavoro o del ruolo in cui ti trovi, non confondere il naturale shock/aggiustamento di un percorso nuovo con la vera e propria crisi che arriva dopo che quel percorso lo abbiamo testato per un po’ e iniziamo a nutrire dubbi o a covare la certezza che non fa per noi.
Non cadere nell’errore di convincerti di aver sperimentato davvero un’esperienza, quando in realtà hai solo tenuto un piede dentro e l’altro verso la porta. Non cercare di chiudere il cerchio in fretta e furia perché vuoi sottrarti alla sensazione di discomfort che quella situazione ti causa.
Perché come in una sorta di profezia auto-avverante, quello scarso impegno, i dubbi, le paure, i freni che ti sei messa, potrebbero portarti ad abbandonare quell’esperienza quando ancora non sei arrivata alla sua naturale conclusione, alla parte delle lezioni (anche quelle negative).
La crisi di carriera avviene piuttosto quando lavoriamo già da un po’ in un dato ruolo, settore, azienda o con una particolare tipologia contrattuale. Pensa ad esempio a chi lavora da sempre come dipendente e cerca un lavoro di maggiore flessibilità. O chi invece ha sempre lavorato come freelancer e adesso cerca dal proprio lavoro maggiore stabilità e sicurezza.
Cosa determina la crisi?
- Fattori a te esterni: relazioni che si incrinano e non funzionano più o diventano proprio tossiche. Contratti che arrivano al termine. Momenti di crisi della realtà per cui lavori Un licenziamento. Insomma, fattori che non sono sotto il tuo diretto controllo.
- Fattori interni: nel mio caso, ad esempio, quando ho deciso di lasciare il mio lavoro come Head of Marketing nella fintech londinese in cui lavoravo, non l’ho fatto per nessuna delle ragioni precedenti. Né perché il lavoro non mi piacesse più. Tutt’altro: il lavoro, la mission, il mio team… erano tutti motivi che mi hanno reso davvero difficile decidere di andarmene. Dall’altra parte, però, sentivo una spinta più forte a creare qualcosa di mio. A mettere la mia esperienza a servizio di altre donne, soprattutto in Italia, tramite il progetto Donna In Carriera (ed eccoci qui :)). Questi fattori possono includere voler fare un cambio di lifestyle, il sentirsi chiamate verso nuovi obiettivi o vocazioni, avere impegni familiari che non si conciliano più col lavoro che facciamo, un lutto, un evento che cambia il nostro modo di guardare al mondo (vedi la pandemia globale del 2020) e via dicendo.
In molti di questi casi, potremmo anche continuare così come abbiamo sempre fatto fino a quel punto.
Però quel “così” a volte semplicemente non ci va più bene; che sia per nuovi elementi che sono emersi, per un nuovo sentire, o perché finalmente diamo il permesso alla vocina dentro di noi di arrivare alla nostra mente, al nostro cuore.
Iniziamo così a farci delle domande sulla direzione che abbiamo preso.
- A mettere in dubbio persino scelte passate: “Ma perché ho scelto quel corso di laurea che a me il diritto manco piaceva? Queste mete che dico di voler raggiungere sono desideri miei, o aspirazioni che mi sono state inculcate?“
- Oppure mettiamo in dubbio il nostro livello di realizzazione attuale: “Ho ottenuto tutto ciò che volevo? Quello che ho ottenuto, o che voglio ancora ottenere, vale la pena rispetto ai sacrifici che richiede? Che ruolo ha il lavoro nel mio disegno di vita più ampio?“
- Mettiamo in dubbio il nostro scenario futuro: “Dovrei continuare su questo treno o saltare giù prima di arrivare alla prossima stazione? Cosa voglio dal resto della mia vita? Mi ci vedo a fare ‘sto lavoro a 40, 50, 60 anni? Che tipo di impatto voglio avere?“
Oggi queste crisi sono sempre più frequenti. Perché non c’è più un unico modo, un’unica via, un unico tracciato che bene o male assomiglia a quello di tutti gli altri.
Siamo nella cosiddetta “YOLO Economy“, l’economia basata sul “You only live once”…
Si vive una volta sola. Lascia il lavoro. Manda a [f#n@/!o] il tuo capo. Crea la tua azienda. No, vai a surfare a Bali. No, scrivi quel libro. Crea quel prodotto. Vendi quel servizio.
Qualunque cosa sia…
È come una calamita che ci attira verso una vita che ci assomiglia di più, un modo di lavorare diverso. Un’idea ancora da definire, che però ci attrae come il canto di una sirena.
Ti tufferai e lo seguirai… oppure, per evitare di subirne le lusinghe, ti farai legare all’albero maestro della nave (dell’azienda, dello status quo e di quello che conosci e ti è familiare)?
Non tutti attraversano necessariamente questo momento di crisi di metà carriera. Se però sei qui, ho il sospetto che tu possa essere una di queste persone (come lo sono stata io diverse volte).
4.2 Cambiare rotta, ricreare il momentum o stabilizzarci
Da questo momento di rivalutazione si aprono diverse opzioni:
- Cambiare rotta. Succede quando questi pensieri e questo senso di insoddisfazione si trascinano per mesi e diventano sempre più rumorosi. Quasi sempre seguono una serie di decisioni a cascata e di cambiamenti. Molto spesso, le donne che accompagno nelle mie consulenze si trovano proprio in questa fase. Una fase molto delicata, in cui siamo e ci sentiamo piuttosto vulnerabili. Perché stiamo perdendo una pelle e cercando di ricrearcene una nuova. Come ogni cambiamento, può essere difficile e doloroso. E farci fare mosse avventate, andare in direzioni di nuovo sbagliate, pur di uscire da quella sensazione di fastidio, stress e discomfort. Oppure farci paralizzare dalla paura e perdere tono, energia e brio, come un soufflè che collassa su se stesso perché abbiamo aperto il forno un po’ troppo presto.
- Ricreare il momentum, o -se non abbiamo attraversato alcuna crisi- semplicemente continuare a navigare l’onda. Continuando a fare ciò che ci piace o che tutto sommato ci fa sentire soddisfatte degli equilibri della nostra vita. Proseguiamo il percorso aziendale e facciamo carriera nel senso più classico, o se abbiamo un’attività nostra continuiamo a lavorarci come sempre.
- Stabilizzarci (magari rallentando un po’). In questo caso decidiamo che non vogliamo andare più in su di così (puntando ad obiettivi più importanti ed ambiziosi). E non vogliamo nemmeno muoverci in laterale (provando un lavoro o una funzione diversa da quella a cui siamo abituate). Sentiamo che vogliamo rallentare, magari ripristinare o ristabilire un nuovo equilibrio fra le varie aree della nostra vita; a livello professionale, familiare e personale. Magari sentiamo uno scollamento fra i nostri valori e il modo in cui il lavoro ci porta a condurre la vita. Per molte donne succede ad esempio con l’arrivo di un figlio, o quando un genitore da cui viviamo lontane non sta bene. È una scelta legittima e ammirevole, purché la portiamo avanti assicurandoci di non trasformare questo rallentamento in una gabbia futura. Perché magari ci “sediamo” e smettiamo di investire sulle nostre conoscenze e competenze, di puntare su noi stesse.
Quest’ultima istanza è inoltre insidiosa perché a volte scambiamo la nostra stanchezza e la fisiologica necessità di fermarci, di rifocillarci a livello mentale e spirituale, con la voglia di gettare completamente la spugna. E così entriamo in questa specie di circolo vizioso in cui ci trasciniamo come carcerate con la palla al piede. “Rallento perché sono stanca e non investo più in me” –> “Siccome non investo più in me, faccio cose che non mi energizzano e sono sempre più stanca“.
Quello che ciascuno di questi 3 scenari rende evidente è quanto sia importante avere chiara in mente la nostra personale definizione di successo, per assicurarci di non farci trascinare da definizioni esterne.
Da cosa possono pensare gli altri, da cosa ci si aspetta da qualcuno nella nostra posizione o da cosa ha senso fare secondo il cosiddetto senso comune.
Alcune domande su questa fase:
- Hai vissuto o stai vivendo anche tu questa sorta di “crisi di carriera”?
- Se sì, da che cosa è causato? Cerca di andare nel dettaglio, non solo guardando alle conseguenze, ma alle cause che ti hanno portata alla crisi.
- Fra i 3 scenari che abbiamo appena visto, quale ti rispecchia di più?
- Vorresti cambiare rotta e lanciarti verso nuovi orizzonti?
- Oppure continuare a surfare l’onda su cui ti trovi, continuando a migliorare ma senza stravolgere le cose?
- Oppure ancora, vuoi fermarti e stabilizzarti, perché sei stanca di correre e rincorrere treni? In quest’ultimo caso, come abbiamo appena visto, attenta a non confondere la voglia di fermarti per riposare con la voglia di fermarti e basta.
- Insomma, se hai già raggiunto una buona posizione lavorativa o chiuso un cerchio, ora cosa vuoi fare? Mantenere ciò che hai guadagnato, cambiare rotta, o fermarti e stabilizzarti?
Fase 5: Disengagement
Il disengagement, distacco, è la fase della nostra carriera in cui ci avviciniamo progressivamente al momento di uscita dal mondo del lavoro (ma può anche essere un distacco più che altro emotivo o di motivazione, che poco ha a che fare con l’età pensionabile).
Anche qui, possiamo riconoscere due fasi.
5.1 Distacco
È la fase in cui iniziamo a rallentare e riflettere. I nostro livelli di energia e di interesse nel lavoro, nelle persone al di fuori del nostro network più prossimo, iniziano a scemare.
Sai qual è il paradosso dell’epoca in cui viviamo? Che questo senso di distacco, di disengagement, di voglia di andare in pensione (o di aprire un baretto in qualche isola tropicale) lo avvertiamo più volte nel corso delle nostre carriere.
Ormai non si tratta solo di un distacco dopo le fatiche di una vita di lavoro. È un distacco legato alla mancanza di motivazione, di ispirazione, di stanchezza per avere dato troppo ed esserci completamente consumate ed usurate.
Sempre più spesso infatti lavoriamo in sprint, periodi o anni di lavoro in cui corriamo al massimo, esauriamo le energie, andiamo in burnout. Per imparare, ok, ma anche per dimostrare, per confermare certi contratti, per tenerci a galla economicamente, per guadagnarci e conservare il posto che che ci siamo conquistate.
E cosa facciamo in questi casi?
Come chi deve andare in pensione ma non riesce ancora a venire a patti con l’idea di “essere un pensionato”, di non avere più un lavoro, di non avere più il proprio status, la propria sicurezza, il proprio titolo… continuiamo ad andare avanti.
A consumare energie che ormai non abbiamo più. A negare l’evidenza, a ignorare i consigli di chi attorno a noi ci consiglia di rallentare per prepararci al passaggio di ciò che verrà dopo.
E cosa c’è dopo?
5.2 Pensione
Questo passaggio ha chiaramente un forte impatto sull’immagine che abbiamo di noi stesse.
Alcune persone vanno in pensione prima, perché il lavoro glielo permette o perché vogliono gettare le basi per una sorta di seconda carriera (che sia in un ruolo di consulenza o di carattere più filantropico).
Per altri si tratta di un passaggio traumatico, con ripercussioni anche sulla salute fisica e mentale.
Chi sono io senza il mio lavoro?
È una domanda che, se si è dedicata una vita intera al lavoro, se si è dipeso dal lavoro e dallo status per darsi validazione, può piombarci addosso tutta d’un colpo.
Perciò ritengo tanto importante saper riconoscere quando è il tempo di fermarci prima che siano gli eventi esterni a fermarci forzatamente. E questo al di là del fatto che ti separino 3 anni dalla pensione oppure 30.
Conosco pensionati 70enni che sono molto più sprintosi, attivi e pieni di idee rispetto a 30enni che vivono il lavoro come se avessero una palla di ferro legata al piede.
Ricorda…
- Da un momento di stanchezza e di buio possiamo anche rifiorire come dei semi piantati in un terreno umido. Purché il terreno sia quello giusto. In caso contrario…
- Possiamo andare avanti fino a che non perdiamo totalmente la voglia di vivere a pieno, di esprimerci in maniera creativa ed autentica.
E quindi ecco alcune domande che ho per te:
- A prescindere dalla tua età, ti senti in un momento di distacco dal tuo lavoro?
- Se sì, che coso la provoca? Cos’è che ti spompa, che ti toglie energie?
- In che modo puoi ridurre gli elementi succhia-energie di quello che fai, e aumentare gli elementi che fanno da booster alle tue energie fisiche, mentali ed emozionali?
- Se senti di essere in un momento di chiusura di un cerchio -che sia una pensione reale o per così dire metaforica- con quali termini vuoi chiudere questa esperienza? Come ti stai preparando a farlo? Che cosa ti aspetta o desideri per te in quella successiva?
Cambiare lavoro oppure no? Affidati alla tua mappa
Beh, che dire? Fatti un bell’applauso per essere arrivata sin qui. Per aver voluto esplorare questa mappa insieme, alla ricerca dei punti di contatto con la tua esperienza.
Come ti ho detto all’inizio, tutti questi passaggi di cui abbiamo parlato non sono che delle possibili indicazioni. Ci offrono una mappa su cui osservarci e mettere delle puntine per il nostro percorso.
Non si tratta certo di seguire un modello pedissequamente alla ricerca del percorso di carriera perfetto. Perché non esiste, ognuno ha il suo. Ma è molto più facile arrivare lì dove sogniamo, se prima comprendiamo a fondo in quale punto ci troviamo.
Arli.
Se questo articolo in 2 parti ti è piaciuto e non vuoi perderti i prossimi contenuti del blog, assicurati di iscriverti alla newsletter gratuita del martedì. Iscrivendoti dal form qui sotto riceverai anche la versione audio (abbreviata) di questi 2 articoli, così da poterli ascoltare e rifletterci ogni volta che ti serve.
Lascia un commento